mercoledì 17 settembre 2014

Crac Edizioni tra rock in italiano e folk metal

Sono un lettore appassionato e attento dei libri pubblicati da Crac Edizioni. Trovo che la piccola ma battagliera casa editrice anconetana meriti attenzione per la passione, l'accuratezza delle grafiche, la voglia di occuparsi di segmenti di nicchia o di nomi di culto senza per questo investire tutto sul sensazionalismo. Ci sono però alcuni titoli sui quali ho alcune riserve, due in particolare.

Il primo è Va pensiero. 30 anni di rock e metal in italiano. Basta dire che l'autore è Gianni Della Cioppa - ben coadiuvato da esperti come Walter Bastianel e Marco Priulla - per avere un'idea dell'approfondimento, della competenza e della passione profuse. Il concept di fondo è molto stimolante. Attenzione: non rock italiano - che potrebbe significare prodotto in Italia - ma rock cantato in italiano. Questo limita molto il raggio d'azione, ancor più ridotto poichè il periodo prescelto esclude gli anni '70 e parte dal decennio successivo: una scelta coraggiosa e condivisibile, visto che la gran parte delle trattazioni predilige l'epoca d'oro, quella del prog in particolare. La mia riserva riguarda però l'approccio: per quanto di piacevole lettura - con un tocco d'ironia che non guasta mai - il libro è sviluppato a mo' di enciclopedia, ovvero rock band con testi in italiano dalla A alla Z. Credo che tale modello sia superato e che un autore con la credibilità e la conoscenza di Gianni avrebbe potuto optare per un taglio storico molto più ampio e diacronico, potendo così sottoporre al lettore l'evoluzione temporale del linguaggio rock italiano. 

Di stampo completamente diverso Folk Metal. Dalle origini al Ragnarok di Fabrizio Giosuè. Ciò che balza subito all'occhio è la incontenibile passione dell'autore, personalità piuttosto conosciuta e apprezzata nel settore: ben venga uno slancio del genere, a patto che sia tenuto a freno laddove è necessario iniziare il lettore a un ambiente particolarmente suggestivo e ricco di connessioni extra musicali. Quando l'autore - nella parte iniziale che ha una funzione definitoria del fenomeno folk metal - afferma a pag. 11 che "folk è l'insieme principale" e tra i suoi sottoinsiemi c'è "il folk stesso", la confusione è dietro l'angolo (ed è meglio non addentrarsi nelle vie impervie degli insiemi tra il teorema di Cantor e l'antinomia di Russell...). Giosuè resta legato a questo assunto di partenza quando presenta ogni band, catalogandola come folk, pagan o viking (e rispettivi sottogeneri tra black, epic e così via). Al netto di tale annotazione, il libro scorre in modo gradevole, rafforzato dalla cura per il dettaglio dell'autore, che ripercorre con dovizia le vicende delle formazioni folk metal, dai grandi Skyclad alla scoperta - almeno per chi scrive - degli Otyg, passando per gli italiani FolkStone.

www.edizionicrac.blogspot.com

D.Z.

martedì 16 settembre 2014

Donne e rock, cartoline e icone: le immagini di Angelo Fuschetto e Fausto Gilberti

Un professore sannita a riposo, erudito, storico locale e collezionista. Un disegnatore bresciano quarantenne, ammalato inguaribile di rock, che trascorre le notti tra china e vinile. Cosa possono avere in comune Angelo Fuschetto e Fausto Gilberti? Nulla. Assolutamente nulla. Eppure i due testi che segnaliamo alla vostra attenzione hanno nella centralità dell'immagine e nell'attenzione al valore simbolico della stessa un trait d'union molto forte.

Donne in stile Liberty. Le cartoline che disegnarono un'epoca (Auxiliatrix) è un testo prezioso concentrato su una delle sezioni più intriganti che Fuschetto possiede nel suo personale archivio-museo. Una promenade - più che un'esposizione, una sequenza - tra cartoline provenienti dal fronte (15-18) caratterizzate dalla centralità della figura femminile. Missive provenienti da zone di guerra, è vero, ma il succo dell'operazione va oltre la retorica bellica: far risaltare la bellezza, l'attenzione al dettaglio, la perfezione del vestiario, dei lineamenti femminili, la gentilezza sofisticata e altera delle pose, insomma il trionfo della Belle Époque e dell'Art Nouveau. Peccato che l'autore abbia riportato solo immagini e brevi didascalie: poter vedere il retro, non solo per l'affrancatura d'epoca ma anche per le dediche e i pensieri (in barba alla privacy di 100 anni fa...), avrebbe dato completezza e una curiosità in più.

Non si risparmia invece Gilberti: Rockstars (Corraini) è un viaggio in lungo e in largo tra le principali icone del rock dagli anni '60 ad oggi. Uso volutamente il termine "icone" perchè Gilberti - disegnatore dal tratto surreale, visionario e talvolta grottesco - punta proprio sulla dimensione simbolica, oserei dire sacrale (non così fuori luogo visto l'affetto del popolo rock verso le liturgie...), delle grandi personalità rock. Non è un ritrattista in senso stretto, può avvicinarsi a un caricaturista, ma in realtà coglie gli elementi salienti di Led Zeppelin e Miles Davis, Cure e Arcade Fire, David Sylvian e Kasabian, connotando il tutto di linee essenziali e soprattutto di profonda ironia. Il mito di Re Elvis e tutto il resto è nulla, gli ampli dei Can come colonne di cattedrali, i Joy Division sperduti in un campo innevato, il Johnny Cash statuario e imponente di American Recordings le tavole più struggenti di questa originalissima esperienza in bianco e nero.

D.Z.

mercoledì 20 agosto 2014

Matteo Guarnaccia: 'Sciamani. Istruzioni per l'uso' (Shake Edizioni)

Tempo, volontà, consapevolezza. Provate a tracciare le differenze tra le pratiche iniziatiche tradizionali e il folleggiante mondo della psichedelia giovanile dagli anni '60 ad oggi, e troverete nelle tre paroline iniziali una possibile chiave di lettura. L'esoterismo ci insegna che per giungere ad altri stati di coscienza, per saggiare nuovi livelli dell'essere, è necessario un lungo, complesso e accidentato percorso, riservato a pochi e meritevoli, con occhi nuovi e disponibilità esperienziali messe alla prova. La sfavillante epopea psichedelica arriva agli stessi risultati con il volo magico dell'acido, con lo strumento lisergico che guida accelerando il grande drop out: René Guenon sarebbe inorridito, ma la disinvolta politica gnostica di Timothy Leary ha sintetizzato bene la tensione di una generazione, quella del "we want the world and we want it now", vogliosa di conoscenza e liberazione ora, tutta, subito. Matteo Guarnaccia ha saputo muoversi egregiamente a metà del guado, raccontando con ironia, con vena dissacrante e iconoclasta e con l'ausilio della sua visionaria arte grafica, i rapporti tra questi due fenomeni, così vicini e complementari ma così lontani negli strumenti.

"Sciamani. Istruzioni per l'uso" (Shake Edizioni) è probabilmente il suo testo più completo nell'immaginare un percorso comune e unitario - non più parallelo - tra lo studio tradizionale e i grandi manifesti psichedelici, tra Mircea Eliade e Jack Kerouac, tra Elemire Zolla e Re Nudo. Stavolta si va indietro, più lontano dei festival giovanili degli anni '70, ancora più lontano delle mode underground che infiammarono l'Europa nel dopoguerra: Guarnaccia si avvicina alle riflessioni del suo "Almanacco della pace" o dello stesso "Neopaganesimo" e soprattutto ai protagonisti sotterranei dell'antica relazione tra cielo e terra, esserei cosmici che sfidano la forza di gravità, dialogano con gli spiriti e parlano con le voci del mondo da provetti psicoaviatori. Gli sciamani.

Usando una chiave "pop", che va dalle istruzioni per l'uso del titolo alla deliziosa "hit parade sciamanica" (che comprende brani, film, luoghi, strumenti e modalità di reclutamento), Guarnaccia rende piacevole e immediata la lettura, avvalendosi ovviamente della sua inconfondibile traccia visiva (con tanto di illustrazioni e gallerie sciamaniche in cui tuffarsi senza rete). Ciò che più colpisce del testo è la disinvolta - ma non improvvisata nè priva di fondamenta - capacità di accostare ai vari Jodorowski e Castaneda personalità imprevedibili come Picasso e Artaud, Claudio Rocchi e Wile Coyote, leggendo lo sciamano non più come una figura isolata ed elitaria, ma come figura speciale in mezzo agli uomini, come chiunque di noi - novello Bagatto - sappia volare ubriaco di altitudini. Soffiando amore supremo, nascendo e rinascendo.

www.shake.it

D.Z.

domenica 27 luglio 2014

Lunga vita al metallo italiano: tre libri Crac su Skanners, The Black e Vanadium


Lunga vita al metallo italiano. A differenza del progressive anni '70, nato e cresciuto in pompa magna grazie a un contesto storico e sociale più favorevole all'ingresso del rock d'oltremanica (ma anche all'unicità di formazioni inimitabili come PFM, Banco, Area, Orme, Osanna etc.), l'heavy metal tricolore ha avuto maggiori difficoltà di affermazione, non ha goduto di ampi spazi mediatici, ha sofferto il progressivo decadimento dell'industria discografica, e naturalmente si è scontrato con una cultura musicale nazionale poco disposta alle sonorità più aggressive e taglienti dell'hard. Questa riflessione accomuna tre testi pubblicati da Crac Edizioni, casa editrice indipendente anconetana che, insieme alla milanese Tsunami, sta costruendo un catalogo ad hoc, dedicato proprio alle varie declinazioni del metallo italiano, con un occhio di riguardo all'apparato iconografico. Skanners, The Black e Vanadium i tre nomi in questione, per tre testi "ufficiali" che, se letti insieme, forniscono una panoramica molto interessante ed esauriente sullo stato di salute del rock duro in Italia tra anni '80 e '90.

Indubbiamente il nome di punta sono i Vanadium, raccontati da Luca Fassina in Vanadium. La biografia ufficiale. L'autore però sceglie di farsi da parte, di restare dietro le quinte, per mettere in prima fila una nutrita messe di testimonianze inedite: quelle dei membri della band, dei roadies, degli addetti ai lavori che nel corso degli anni hanno incrociato la loro attività con quella del blasonato gruppo milanese, autentica istituzione del rock italiano anni '80. Ed è proprio Milano la protagonista del libro: luogo di incontro e di scontro tra Pino Scotto e colleghi, città che non ha sofferto in maniera drammatica l'arrivo del riflusso musicale provando invece a garantire una sorta di continuità, come dimostra il trait d'union tra i punk rockers Kaos Rock e i Vanadium, ovvero il Centro Sociale Santa Marta

The Black e Skanners si sono mossi invece in ambienti di provincia, rispettivamente Pescosansonesco (PE) e Oltrirasco (BZ): eppure, caratteristica frequente nella storia del rock italiano, proprio le località fuori dai giri ufficiali hanno stimolato i musicisti a dare il meglio e ad affrancarsi dal provincialismo. Il doom guru abruzzese e gli alfieri denim & leather altoatesini ("i Saxon italiani"!) hanno potuto sviluppare la propria direzione e raggiungere risultati importanti proprio grazie a tale contesto: ovviamente non hanno ottenuto la visibilità dei Vanadium ma ancora oggi sono ricordati per la cifra stilistica e le peculiarità. Una personalità artistica come Mario "The Black" Di Donato rende il libro su di lui estremamente stimolante: il rapporto tra pittura, religiosità arcaica e dark rock lo rende un unicum nel panorama nazionale. Quella degli Skanners invece è una vicenda prettamente musicale: non a caso è allegato al libro un DVD che rafforza il percorso di memoria a loro dedicato.


D.Z.

martedì 25 marzo 2014

Metà oscure e cuori pedoni: due libri su Pink Floyd e Van Der Graaf

Metà oscure e cuori pedoni. E al centro, il dramma dell'identità. Pur facendo parte della medesima temperie sonora e culturale, quella della prima metà degli anni '70, è difficile accostare e considerare simili o affini due album come The Dark Side Of the Moon e Pawn Hearts. Lussureggiante, diretto e patinato il primo, aspro, doloroso e visionario il secondo. Eppure un elemento in comune c'è: l'indagine e l'introspezione sull'essere umano. Due libri approfondiscono questa componente.

Il primo è The Dark Side Of The Moon. Viaggio nell'identità dei Pink Floyd (Aereostella) di Marco Bracci. L'autore toscano - che abbiamo apprezzato tempo fa per Da Modugno a X Factor - parte da un osservatorio privilegiato: sociologo della comunicazione (ma anche appassionato cultore di classic rock), Bracci guarda a Waters e soci in una fase speciale di ridefinizione della propria identità di gruppo, in pratica dall'uscita di Syd Barrett. Egli dunque ripercorre il tragitto che porta i PF dalle sperimentazioni psichedeliche dei primi anni '70 al sontuoso concept del 1973, analizzando compiutamente premesse e conseguenze del celebre plot sull'alienazione. Bracci si muove intorno alla metà oscura, considerata il punto di snodo e la chiave di volta di un'intera carriera, sia dal punto di vista strettamente musicale che concettuale: un saggio originale, che chiarifica alcune posizioni anche ideologiche che il Waters maturo approfondirà.

La solitudine, i demoni interiori, i conflitti nelle profondità dell'animo, la desolata e tragica condizione umana. Se Waters affronta tali tematiche ponendo l'accento sulle difficoltà di comunicazione, sulle nevrosi contemporanee, Peter Hammill ha dalla sua uno slancio poetico e un impeto catartico unici nel loro genere. Solo un conoscitore attento e scrupoloso come Paolo Carnelli poteva addentrarsi nel making of di Pawn Hearts, capolavoro del Generatore annata 1971. Van Der Graaf Generator - Pawn Hearts. Storia immagini parole musica (Open art) è un saggio esauriente che narra la genesi dell'opera all'indomani del Six Bob Tour con Genesis e Lindisfarne: l'ispirazione hammilliana, l'esperienza stregata della registrazione nel Sussex, il rapporto con Robert Fripp, la straordinaria ed enigmatica copertina di Paul Whitehead e soprattutto il valore epocale di un disco difficile ma amatissimo. E cruciale per la costruzione identitaria dei VDGG.

D.Z.

venerdì 14 marzo 2014

Four Books In The Ground: quattro libri sul prog italiano...

FOUR BOOKS IN THE GROUND
...quattro nuovi libri tra progressive italiano e dintorni...

La macchina editoriale sul progressive-rock - e in particolare sul microcosmo italiano - non conosce battute d'arresto negli ultimi tempi. Quattro testi hanno catturato la nostra attenzione poichè insieme, con diversi approcci e differenti tematiche, rappresentano un ampio e singolare punto di vista sulla stagione "aurea" del rock nostrano. Due di questi hanno un taglio generalista che si rivelerà utile per i neofiti, in particolare il nuovissimo I 100 migliori dischi del progressive italiano (Tsunami Edizioni) di Mox Cristadoro. 


Benchè sia il classico libro-compilazione, che seleziona i 100 migliori album dalla A alla Z, è un contributo interessante: in primis è una sorta di esperimento della casa editrice Tsunami, particolarmente attenta al mondo del metal, in secundis un ottimo contributo da un autore molto noto come speaker radiofonico e batterista. Cristadoro è stato una voce storica di RockFM e attualmente colonna di Linea Rock: attento osservatore di culture rock, l'autore offre il suo punto di vista sul prog classico individuando e commentando i "suoi" 100 dischi. La letteratura sul prog indubbiamente non ha più bisogno di testi strutturati in questo modo, a meno che l'autore non proponga una lettura diversa: Mox infatti si muove tra il saggio e il romanzo-mémoire, mette in campo le sue conoscenze da collezionista ed esprime pareri talora eclatanti (il Biglietto per l'Inferno autore "probabilmente del miglior album rock mai pubblicato in Italia"). Gli lp selezionati sono gli evergreen, con qualche sorpresa positiva (ad es. l'ampio spazio dei Goblin, la giusta collocazione degli Osanna) e negativa (solo due lp per il Banco, l'inserimento di Verità nascoste delle Orme stride dinanzi all'assenza di Uomo di pezza). Testo consigliato a chi si sta avvicinando alla materia ma anche ai cultori che si nutrono di pareri difformi, di valutazioni nuove e non polverose.


La classificazione analitica alla Mox è solo una parte di Il libro del prog italiano, classico volume della collana bertoncelliana Bizarre di Giunti: titolo importante e "definitivo", corredo iconografico accattivante, tre autori per tre linee di pensiero differenti. La parte più debole del testo è proprio quella finale, redatta da Michele Neri: "Maggiori e minori", ovvero la rassegna di tutti i gruppi del prog italiano, disco per disco con pallini d'ordinanza. Anche qui vale quanto espresso per Cristadoro: Neri è probabilmente il più competente e preparato esperto discografico italiano (il suo straordinario lavoro su Lucio Battisti parla chiaro) e i suoi pareri sono sempre motivati e ragionati, ma il suo contributo sconta l'inserimento in un libro che si propone con uno spirito diverso. Nello specifico i suoi colleghi, John N. Martin per la prima parte ("Evoluzione della specie) e Sandro Neri per la seconda ("Lambro e i suoi fratelli), si soffermano su due aspetti cruciali per la comprensione del nostro prog, ovvero il legame con la politica e la contestazione, e la dimensione collettiva dei concerti e festival

Martin opta per una narrazione che non mai ha trovato il giusto spazio nella letteratura sul prog italiano: partendo dall'assunto che il prog è fenomeno sociale figlio dell'onda lunga del '68, egli sviluppa il proprio intervento - anno per anno dal 1967 - individuando i punti di connessione tra controcultura e musica, tra il patrimonio dell'Orda d'oro ("l'ondata rivoluzionaria e creativa, politica ed esistenziale" cara a Balestrini e Moroni) e la fioritura del nuovo rock tricolore. E' un campo nel quale egli si muove con passione e competenza, tanto da rivelarsi molto utile nella lettura sulla fine del prog: la "fine dell'ideologia della festa" e la frammentazione del movimento contribuirono al riflusso e alla scomparsa di un fervore artistico senza eguali. Neri si inserisce in questo ampio scenario raccontando le piccole e grandi Woodstock nostrane: dalla calda notte zeppeliniana al Vigorelli al Parco Lambro, il giornalista illustra dinamiche e connessioni di una stagione che, ancor prima che discografica, è stata giovanile, liberatoria, creativa.


In questo filone è ancora più prezioso il nuovo libro scritto da un inedito duo: Franz Di Cioccio e Francesco Schianchi con Libro Lambro. I festival giovanili (Aereostella). Balza subito all'attenzione del lettore la scelta (felice e intrigante) del dialogo: il batterista della PFM, attento conoscitore del mondo del rock italiano, e l'intellettuale creativo, organizzatore del Parco Lambro, hanno optato per una lunga e fluida conversazione, con le idee-forza della creatività, della liberazione da "lacci e lacciuoli" borghesi, della ricerca di un'autonomia culturale dai modelli angloamericani anche nel modulo del rock festival. Inevitabilmente celebrativo ma senza trionfalismi, Libro Lambro ripercorre una storia irripetibile perchè figlia di ambizioni e idealità tipiche di un'epoca: nuove soggettività politiche, nuove espressioni musicali, il progressive come colonna sonora della contestazione e come allegoria di una tensione nuova fatta di sogno e prassi, di immaginazione e nuove egemonie. Piacevole e per certi versi sorprendente.


Dal generale al particolare, dalla storia del nostro rock alla biografia di uno dei suoi protagonisti: Aldo Tagliapietra. Dopo la separazione dalle Orme, il suo fondatore sta vivendo una rinnovata giovinezza artistica, che trova in Le mie verità nascoste (Arcana) una sorta di grande riepilogo e di momento di snodo e riflessione. Raccolte dai giornalisti Omero Pesenti e Gianpaolo Saccomano, con la figlia Gloria Tagliapietra, le memorie di Aldo rievocano un passato antico, quello di una Venezia e di una Murano lontanissime e scomparse all'indomani della rivoluzione rock 'n' roll. Aldo ripercorre la sua infanzia, certi gesti dettati da remote ritualità, la scoperta della musica e la grande avventura delle Orme, fino ad oggi: se da una parte questo libro rivela tanti aneddoti relativi al gruppo (la sua fondazione, il celebre "quadernetto" con le canzoni scritte da Aldo, l'esperienza in studio, i concerti e i rapporti con l'estero, la recente rottura con Michi), dall'altra è l'occasione per conoscere gli spazi privati dell'artista (famiglia, figli, l'India, le speranze attuali).

D.Z.

venerdì 27 dicembre 2013

Alessandra Izzo: 'Frank e il resto del mondo' (Armando Curcio Editore)

Alla fine del 1992 Adrian Belew sognò Frank Zappa: dopo avergli mandato un fax per raccontargli di questo singolare sogno, il maestro gli telefonò per ringraziarlo, dicendogli che era stato molto"dolce". Ancora oggi Belew racconta dello stupore per aver sentito quella parola da un personaggio difficile e complesso, un satiro provocatore, un decano dello sberleffo e un simbolo di integrità artistica. 

Dolcezza è la parola chiave di Frank e il resto del mondo, il nuovo libro di Alessandra Izzo. Giornalista, press agent e poliedrica autrice, la Izzo realizza un dolcissimo un atto d'amore dedicando alla figura di Zappa - esattamente a vent'anni dalla sua scomparsa, 4 dicembre 1993 - un florilegio di interviste. Frank e il resto del mondo è un titolo emblematico: da una parte l'artista, unico, inimitato e ricco di contraddizioni, dall'altra parte il mondo di collaboratori, estimatori e amici interpellati per ottenere aneddoti, ricordi, riflessioni. 

Musicisti di prim'ordine come Ed Mann, Bunk Gardner e Ike Willis, illustri testimoni nostrani come Claudio Trotta, Fabio Treves e Massimo Bassoli, figure borderline come il medusologo Ferdinando Boero e l'attore Rutger Hauer: tutti accomunati dall'aver percorso insieme a Frank un segmento della sua vita. Inevitabile l'effetto agiografico ma l'obiettivo dell'autrice, ovvero focalizzare la personalità zappiana attraverso il ricordo di chi lo conosceva bene, è raggiunto: emerge così un compositore ironico ma sulla difensiva con chiunque, generoso fino all'eccesso eppure oculato nella gestione economica, profondamente devoto alla musica ma anche al suo ego. 

www.armandocurcioeditore.it

D.Z.
Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...